Creval: un ghiotto boccone per i Francesi

Nella conferenza stampa che l’amministratore delegato del Credito Valtellinese, Luigi Lovaglio, aveva tenuto a seguito della delibera del Consiglio di amministrazione che «dopo attenta valutazione del documento di offerta e della documentazione disponibile, ritiene che il corrispettivo pari a euro 10,500 per azione non sia congruo per gli azionisti», è emerso che l’offerta di Crédit Agricole Italia s.p.a. abbia, sì, elementi di fondatezza che potrebbero essere presi in considerazione, a patto, però, che il valore del titolo fosse riconosciuto più alto.

Alcuni analisti, come riferisce Luca Davi de “il Sole 24 Ore”, indicano, infatti, che per l’azione di Creval l’intervallo di valore oscilla in una «forchetta piuttosto ampia che risente delle diverse metriche di valutazione e che va da un minimo di 12,95 fino a un massimo di 22,7 euro».

Insomma visto che la finanza francese (e non solo) vuole mettere le mani su una banca ormai risanata e in grado di fare utili come il Creval, almeno che la remuneri quanto vale.

Da tempo le testate del nostro piccolo network Alpi Media Group denunciano come il nostro Paese, grazie alle laceranti divisioni interne, sia tornato allo “status quo ante” l’unità del 1861.

Ricordate come eravamo divisi in tanti staterelli che, a turno, venivano saccheggiati da Spagnoli, Francesi e Tedeschi? Lo Stivale, come il vestito di Arlecchino, era un mosaico variopinto di pezze (solari come il clima mediterraneo) che tenevano insieme Stato Sardo-Piemontese, Lombardo-Veneto, Gran ducato di Toscana, Ducato di Lucca, Ducato di Massa e Carrara, Ducato di Modena e Reggio, Ducato di Parma e Piacenza, Stato pontificio, Regno delle due Sicilie.

Ecco, oggi che l’unità s’è compiuta (almeno quella geografico-territoriale), l’Italia torna a soffrire dei mali da cui non è mai guarita: opporsi alla cupidigia di coloro che la vogliono depredare.

A costoro oggi il gioco riesce con una certa facilità perché hanno trovato come alleati una parte della classe politica che, Pd in testa, si distingue con numerosi suoi esponenti disposti a suffragare tante scelte, pilotate a Bruxelles, da Germania e Francia.

Così, in nome dell’intoccabile circolazione di merci, persone e capitali, gli stranieri possono fare man bassa di tutto ciò che di buono ancora resta in Italia. Con l’intollerabile aggravante, divulgata da opinion leader politicamente corretti, che debbano essere condannati al pubblico ludibrio chi osi timidamente obiettare che, forse, la globalizzazione, questa globalizzazione, non è affatto utile agli italiani.

I “cugini” francesi sono arrivati a considerare strategico il settore della grande distribuzione per difendere Carrefour e noi italiani permettiamo che le banche finiscano nelle mani straniere senza fare una smorfia. Tutto legittimo, sia chiaro, per merito del governo Renzi che ha imposto alle banche popolari di diventare società per azioni favorendo l’espansione di grandi gruppi bancari a scapito di quelli più prossimi al territorio.

Così quando il piccolo agricoltore andrà a chiedere un modesto prestito per cambiare il trattore ad un colosso del credito (ovviamente in mano straniere), si sentirà rispondere che lì non si trattano pratiche inferiori al milione di euro. Risultato: l’agricoltore chiuderà l’attività e come lui migliaia di artigiani e piccoli e medi imprenditori che sono il sistema portante del nostro Paese.

Occhio perché quello che oggi accade al Creval potrà accadere anche alla Banca Popolare di Sondrio appena diventerà società per azioni, tra pochi mesi.

La Valtellina è lo specchio d’Italia. Una terra di gente laboriosa che, con tanto lavoro e grandi sacrifici saldamente innervanti nell’etica cristiana, ha creato un’oasi di benessere. Una terra, però, che rischia di ricadere nel vassallaggio se non prende atto che deve reagire alle interferenze esterne e non s’impegna a conservare ciò che ha costruito.

La Grecia insegna: gli stranieri se la sono acquistata a poco prezzo e ora i greci sono ridotti a camerieri che servono ai turisti piatti farciti con quel poco di feta e di olive che è consentito a loro di produrre. Gli interessati sostenitori della globalizzazione non hanno lasciato a loro neppure gli occhi per piangere.

Se anche il nostro Paese deve soccombere vendiamo almeno cara la pelle. Comincino gli azionisti di Creval a darci il buon esempio alzando l’asticella del valore della loro/nostra banca.

È ora di svegliarci. Se noi italiani continuiamo a fare le pecore, sul nostro cammino non possiamo che incontrare lupi.

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